12 giugno 1999 - Pura (Svizzera) - di Armando Torno

 

In memoriam

Arturo Benedetti Michelangeli

Nel IV anniversario della morte

© Ermanno Rossinotti, Pura

 

Con molta serietà, anzi quasi con un atteggiamento solenne, Arthur Schopenhauer affermò a un suo interlocutore che i grandi filosofi della storia stanno sulle dita di una mano. E aggiunse che in un secolo ne può capitare uno, quasi mai due. La medesima cosa pare che il pensatore tedesco la estendesse alla poesia e alla musica. Un poeta, un musicista ogni cent'anni: il resto è una schiera di laboriosi artigiani che fanno, sgobbano e sudano, ma ai quali non è stato concesso il dono della creazione.

 

Credo che questa crudele regola si possa applicare ai veri interpreti, a quegli artisti cui è toccata, per singolare decisione della sorte, capire un'opera, saperla ricreare. li resto è simile agli incontri nelle serate mondane: fa volume. E siccome abbiamo evocato dei numeri e delle discipline, conviene anche aggiungere che in questo secolo il pianista Arturo Benedetti Michelangeli non ha nemmeno bisogno di un esame per essere messo in vetta alla classifica di coloro che si sono cimentati su una tastiera.

 

Di lui si è scritto di tutto. Si sono persino costruiti dei falsi. Si è violata quella sua arte inimitabile con dei prodotti di rozza elettronica. Ma più questo accanimento si è manifestato, più i veri intenditori di musica hanno cercato le sue interpretazioni originali. C'è stata anche una poco nobile gara nell'inventare dei ridicoli aneddoti sulla sua vita: ma sono serviti soltanto a rendere assoluto il ricordo di chi lo ha conosciuto e incontrato. Benedetti Michelangeli è stato il pianista che ha inseguito tutti i possibili perché che vivono sotto le note. Ha messo a punto una tecnica ineguagliabile per poter restituire a ogni suono l'emozione di chi l'ha creato. Nelle Mazurche di Chopin individuò le fluttuazioni degli stati d'animo, strappandole alla superficialità dei salotti che le usavano come sottofondo; nelle Ballate del giovane Brahms ci fece scoprire che, oltre le forme, è possibile far abbracciare libertà e felicità. In Mozart - si pensi al concerto per pianoforte e orchestra n. 20 K 466 - Michelangeli ci comunicò che il fIlo invisibile che separa l'infelicità dalla vita non esiste. In Beethoven -ed è inevitabile rimandare al Concerto n. 5, meglio noto come Imperatore- ha messo in luce l'infinita dolcezza di un uomo che soffriva, le sue speranze, i sussulti di violenza che rintuzzava affogandoli in tutti i possibili colori della scala musicale. E che dire della sua interpretazione di Debussy? Dopo Arturo Benedetti Michelangeli nessun pianista potrà eseguire i Préludes senza il giusto tormento. Non sarà insomma possibile entrare in questo santuario della musica contemporanea senza rispettare sino alle componenti atomiche quei < tocchi successivi congiunti da un nesso misterioso e da un dono di luminosa chiaroveggenza > (le parole le abbiamo tratte da Monsieur Croche antidilettante).

 

Ma, forse, più si fanno esempi e più l'arte di Benedetti Michelangeli si ritrae. Concepita a sua immagine e somiglianza, essa resta il felice prodotto di un'anima che non amava le domande, di una vita che si era dedicata a decifrare alcuni grandi interrogativi della musica. Le sue interpretazioni, in fondo, sono semplicemente alcuni dialoghi con l'assoluto in un secolo che ha smarrito la chiave. Forse è questo il suo segreto e il suo fascino.

 

Tuttavia, per chi ha avuto la fortuna di incontrarlo, di dialogare con lui, queste definizioni possono sembrare strette. Perché Benedetti Michelangeli è stato anche un artigiano del sublime, uno scultore che dedicava giorni della sua vita per ricavare dal nulla la forma di un suono. Puntualizzava, levigava, si tormentava per dettagli di cui nessuno si era sino a quel momento accorto. Costruiva per le anime qualcosa che sottraeva al silenzio delle altre letture. E a questo scopo rifiutò tutte le concezioni banali del mondo, distaccandosi dalle risate inutili e vuote di ogni mondanità, eliminando il superfluo, vivendo come un mistico che si reca al pianoforte per le sue visioni e designa la tastiera quale altare delle sue offerte.

 

Sono parole eccessive quelle che abbiamo usato? No, assolutamente no. Michelangeli fu una di quelle rare anime per cui valgono ancora le teorie di quegli antichi filosofi contro il tempo. Si accorsero che eliminando il flusso che tutto inghiotte ogni cosa esplode di eternità. Ma allora alcune vite si possono vivere eternamente, così come eternamente esse cercheranno di rendere assoluto ogni dettaglio. Solo in tal modo le forme potranno diventare universi e gli universi, per un sortilegio che nacque prima di ogni creazione, un semplice suono.